Giulia Simi illustra il differente rapporto messo in atto dalle artiste donne nei confronti del dispositivo cinematografico: tra chi si dichiara fieramente anti-amatoriale e chi invece riconosce nella cinepresa a formato ridotto un prolungamento del proprio corpo e una possibile emancipazione dalle logiche dominanti del sistema industriale, esiste la comune esigenza di dichiararsi capaci di controllare il mezzo tecnico e di consguenza di affermare su di sé una abilità per troppo tempo rilegata esclusivamente all'uomo.