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17 giugno1934
Il varo del Gracale
Autore
Mario Cessi
Formato
9,5mm
Credits
Musica di Guglielmo Pagnozzi

Costruito nei Cantieri Navali Riuniti di Ancona, il cacciatorpediniere Grecale viene battezzato con il varo 17 giugno 1934, che Mario Cessi riprende con la sua cinepresa 9,5mm, fedele a una sua passione che condivide con altri cineamatori: filmare il varo delle navi militari e civile. In effetti il varo è un momento spettacolare e molto partecipato. Poi la presenza delle navi militari nei film privati dell’Italia degli anni Trenta è davvero significativa, sempre di più orgoglio nazionale con i venti di guerra che si leveranno. “Io sto in ascolto se rechi il vento clamor di battaglia” è infatti il motto con il quale viene lanciato, tratto da un sonetto di Gabriele D’Annunzio. Contrariamente a quasi tutte le navi lanciate in pompa magna in questo periodo, il Grecale sopravviverà alla guerra, partecipando a un numero incredibile di missioni e subendo ben undici attacchi di sommergibili (il cacciatorpediniere è una nave da guerra veloce e manovrabile, adibita alla scorta e alla difesa e per la caccia ai sommergibili). Verrà lasciata poi all’Italia dal trattato di pace del 1947, entrando a far parte della Marina Militare repubblicana. Sembra quasi un miracolo arrivare al dopoguerra. Il Grecale ha visto e vissuto momenti che vanno dalla guerra civile spagnola, alla parata per Hitler nel Golfo di Napoli, dall’invasione dell’Albania, dall’entrata in Guerra alle azioni compiute prima con le potenze dell’Asse e poi dopo l’Armistizio assieme agli Alleati. Ne avrebbe avute tante di storie da raccontare e di memoria da trasmettere, il Grecale, se avesse potuto parlare. La memoria passa invece attraverso le parole del figlio di un ufficiale: "Mio padre era a bordo del Grecale quando insieme ad altri ufficiali sentì alla radio il discorso con cui Mussolini annunciava l’entrata in guerra dell’Italia. La notizia venne accolta con preoccupazione e con il presentimento che sarebbe andata a finire male: mi disse che gli ufficiali della Marina italiana nutrivano una discreta ammirazione per quella britannica, vecchio mito rispettato e temuto".

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