Oliviero Mario Olivo vive da tempo a Bologna con la moglie Eletta Porta e i due figli piccoli, avendo ottenuto un lavoro nell’università emiliana, dopo essere stato assistente di Giuseppe Levi a Torino. Olivo, allievo del padre di Natalia Levi, ha fatto carriera e sta per ottenere la cattedra di anatomia umana. Anche la Porta ha lavorato con il professore torinese. Si sono conosciuti così. Natalia li ricorderà entrambi. La scrittrice, nota poi con il nome da sposata, Ginzburg, scriverà a proposito del fatto di chiamare le mogli con i cognomi dei mariti (“Lessico famigliare”): “Mi sposai; e immediatamente dopo che mi ero sposata, mio padre diceva, parlando di me con estranei: «mia figlia Ginzburg». Perché lui era sempre prontissimo a definire i cambiamenti di situazione, e usava dare subito il cognome del marito alle donne che si sposavano. Aveva due assistenti, un uomo e una donna, che si chiamavano, lui Olivo, e lei Porta. Olivo e la Porta poi si sposarono insieme. Noi continuammo tuttavia a chiamarli «Olivo e la Porta», e mio padre ogni volta s'arrabbiava: – Non è più la Porta! dite la Olivo!”. I protagonisti di questo film sono allora la Olivo, con i due bambini della coppia, Franco e Chiara, che stanno imparando ad andare in bicicletta per le strade poco trafficate di Bologna. È il 23 ottobre 1940, Olivo padre filma con la cinepresa 16mm, la Olivo assiste e aiuta i figli. Nel lessico della famiglia Olivo la cinepresa ha un ruolo importante, come la montagna e la bicicletta (che sarà una passione anche della terzogenita Paola, qui non ancora nata).