Appare caldo, il febbraio 1943 a Milano. In giardino la famiglia Aebi mette in scena dei giochi di prestigio in favore della cinepresa. Ermanno e Giorgio, padre e figlio - entrambi calciatori professionisti - più un terzo ragazzo, forse un altro figlio, si presentano come maghi di fronte allo sparuto pubblico plaudente. In realtà, più che di prestidigitazione si tratta di illusione alla Méliès: sono i tagli del montaggio a creare la magia, a far sparire fazzoletti, vasi e bambini. E di magia ce n’è bisogno, in quel febbraio, per non guardare a quello che accade in guerra, e alla crisi del fascismo sempre più debole e crudele. Quello stesso mese Milano è colpita da un pesante bombardamento alleato: risultano danneggiate le principali fabbriche, l’Alfa Romeo, la Caproni, la manifattura tabacchi, la centrale del latte e quella telefonica, gli scali ferroviari e i depositi tranviari, oltre che centinaia di abitazioni civili. Si contano 133 morti, 442 feriti, quasi 10.000 senza tetto. Meglio allora improvvisarsi illusionisti e far scomparire quello che è troppo pesante da vedere, e non importa se invece che in un teatro si facciano magie nel capanno degli attrezzi. Ormai ovunque è una casa di matti.